Grazie alla deteminazione degli antenati

La nascita della Parrocchia

Nel 1600 la comunità sente l’esigenza di erigere una piccola chiesa in quanto la lontananza da quella di Oliero diventa sempre più scomoda, specialmente nel periodo invernale. Nel maggio 1623 don Girolamo Orlando si reca a Padova per chiedere al Vicario generale della Diocesi la possibilità di costruire una nuova chiesa. Alcuni anni dopo, sia il vescovo di Padova che il doge di Venezia, Francesco Erizzo, autorizzeranno la nuova costruzione.

Il 17 marzo 1637 si procederà alla posa della prima pietra. La cosa però non é facile.
Nel 1664 il vescovo di Padova, cardinale Gregorio Barbarico, visita la chiesa di Campolongo e gli abitanti lo supplicano di firmare il decreto di separazione della nuova chiesa da Oliero.

Un cubo perfetto

Et longitudo et altitudo et latitudo eius aequalia sunt

Questa piccola chiesa, intitolata alla Vergine del Carmine e ai santi Apostoli Filippo e Giacomo, verrà demolita e ricostruita dai fratelli Menegazzi detti Contini a partire dal 1793 su disegno dell’architetto bassanese Antonio Gaidon.

Secondo l’architetto la chiesa doveva essere un cubo perfetto come la città di Dio descritta nell’Apocalisse di S. Giovanni.
Sopra l’arco trionfale della chiesa sono incise queste parole: “Et longitudo et altitudo et latitudo eius aequalia sunt” (Apoc.XXI,16).

La chiesa attualmente è racchiusa ai lati da due bei campanili (quello a nord completato verso la metà del 1900).

La chiesa in stile neoclassico

L’edificio attuale fu iniziato nel 1793 su progetto dell’architetto bassanese Antonio Gaidon.

Sue anche numerose chiese concentrate nella pedemontana del Grappa (Borso, Semonzo, Sant’Eulalia), nonché la barchessa e i collegamenti di villa Rezzonico a Bassano. Tutte queste costruzioni si caratterizzano per una forte tendenza al razionalismo scientifico-matematico, vivacizzato però dall’uso di elementi decorativi. Il progetto della Chiesa infatti è caratteristico per avere larghezza, lunghezza e altezza uguali.

Pregevoli due pale d’altare, fra cui l‘Assunzione della Madonna di Giambattista Canale (primi sec. XIX), e l’affresco del soffitto.

I ‘tesori in legno’

Le sculture lignee della Madonna con bambino e dei Santi Filippo e Giacomo sono preziose testimonianze delle vicende costruttive dell’antica Chiesa di Campolongo.

Nel 1639 fu affidata all’intagliatore locale Pietro Lovato di Valentin l’esecuzione, sulla base di un disegno predisposto e sottoscritto da un pubblico ufficiale, di una pala di altare che doveva essere articolata in tre nicchie: al centro una statua della Beatissima Vergine del Carmine con i Salvatore in braccio, di San Filippo e San Giacomo alla sua destra e di sant’Antonio da Padova alla sua sinistra (Bonato, 1993, pp 76-77)

La statua della Madonna del Carmine si distingue per la notevolessima qualità esecutiva; l’eccellenza dei caratteri formali della scultura già è rivelata dalla resa finissima del bellissimo volto dall’incarnato porcellanoso. I tratti severi e ad un tempo armonici della Madonna, valorizzati dalla cuffia bianca dal bordo dorato e il viso largo e grinzoso del Bambino, coronato da boccoli fitti e regolari, sembrano richiamare suggestioni ancora rinascimentali, da connettere alla cultura montagnesca. Il fulgore della veste damascata, a motivi floreali, si accorda con il manto dal sontuoso bordo decorato, il cui volume si espande a raccogliere il corpo, dilatando nello spaziola figura e accentuandone il moto rotatorio, grazie alla massa rigonfia del panneggio che cinge i fianchi di Maria.

La finissima esecuzione della scultura lignea è rivelata dai diversi particolari, come la mani carnose, la naturalezza con cui le pieghe della veste aderiscono alla braccia, il dispiegarsi minuzioso delle pieghe della veste damascata.

È noto come in occasione del danneggiamento dellico della chiesa, l’11 dicembre del 1917, una granata colpì il fianco della statua della Madonna. 

Le statue dei santi Filippo e Giacomo vanno riferite ancora all’intagliatore Pietro Bonato, e furono oggetto di venerazione congiuta, a partire dal ritrovamento delle loro reliquie nel VII secolo nella basilica romana dei Dodici Apostoli. Le sculture li raffigurano secondo l’iconografia tradizionale, entrambi con il simbolo apostolico del libro, cui è accostato lo strumento del martirio, rispettivamente una croce e un randello. Le loro fisionomie, robustamente popolari, sembrano rifarsi anch’esse a tipologie arcaiche, a testimoniare una religiosità umile e legata ai fatti concreti dell’esistenza, quasi estraniandosi dalla dorata eleganza delle vesti barocche.

Descrizione dell’opera tratta dalla pubblicazione “Arte e fede nel legno intagliato” Parrocchia di Campolongo sul Brenta – Bozzetto Edizioni

I commenti delle sculture sono tratti da testi a cura di Donata Samadelli

Il fonte battesimale

Di altissimo interesse è il fonte battesimale della Chiesa, data la rarità pressoché unica della tipologia e la straordinaria ricchezza della sua decorazione plastica e pittorica.

Il complesso è costituito da una vasca battesimale circolare bipartita, in pietra di Asiago, in cui si innesta, su una base eptagonale, una monumentale copertura; il corpo centrale è costituito da sette elementi laterali e sormontato a sua volta da un alto cornicione aggettante, a più ripiani, su cui poggia la piramide sommitale, a sette spicchi.

Il programma iconografico del decoro della copertura piramidale è articolato nella rappresentazione, in basso, dei soli episodi connessi al Peccato originale e al Battesimo di Cristo.

Alle raffigurazioni bibliche corrispondono, neglia ltri due spicchi decorati, due putti che racchiudono dua stemmi e reggono rispettivamente un calice e una corona, esplicite allusioni al sacrificio eucaristico e alla regalità di Cristo.

La fascia mediana degli spicchi è riservata alla rappresentazione al di sopra delle scene battesimali dei Santi Pietro e Paolo, ad indicare l’autorità della Chiesa, mentre negli altri due spicchi sono raffigurate le figure tutelari e taumaturgiche di Sant’Antonio Abate e Sant’Antonio da Padova.

Descrizione dell’opera tratta dalla pubblicazione “Arte e fede nel legno intagliato” Parrocchia di Campolongo sul Brenta – Bozzetto Edizioni

I commenti delle sculture sono tratti da testi a cura di Donata Samadelli

Il Crocifisso ligneo

L’esistenza di un grande crocifisso ligneo, collocato in un secondo altare al posto della pala, è attestata fin dalla Visita Pastorale del canonico Pietro Persico, nel 1647.

Appeso ad una croce posteriore, la scultura ha tratti marcatamente plebei, occhi socchiusi e capo reclinato ed è caratterizzata da un’accentuazione, anche fisica della sofferenza. Il volto, scarno e affilato, sfigurato dal dolore, le fitte chiome ricadenti sulle spalle, la netta definizione della barba a due punte, i rivoli di sangue che scendono dal capo trafitto dalle spine e l’accentuazione macabra degi aspetti del sacrifico divino, collegano quest’opera a precedenti di matrice nordica.

Descrizione dell’opera tratta dalla pubblicazione “Arte e fede nel legno intagliato” Parrocchia di Campolongo sul Brenta – Bozzetto Edizioni

I commenti delle sculture sono tratti da testi a cura di Donata Samadelli

L’Organo Giacobbi

Il magnifico organo collocato in cantoria, sopra l’ingresso principale della Chiesa, entro una cassa in legno indipendente (staccata dalla muratura), è stato costruito dalla ditta “Fratelli Giacobbi detti Maggiotto” di Bassano del Grappa nel 1836 e restaurato nel 1892 dalla stessa ditta.

In tale occasione probabilmente venne aggiornato secondo le mode dell’epoca, adottando registri e caratteristiche in uso presso la scuola organaria Lombarda, rifacendo la tastiera ed aggiungendo il Principale 16′.

Il prospetto è ad una unica campata con 23 canne appartenenti al registro di Principale (8′), a partire dalla nota Do1 e disposte a cuspide con ali; le bocche delle canne sono allineate e le labbra superiori sono sagomate a forma di mitria.

La tastiera si compone di 52 tasti dal Do1 al Sol5 (prima ottava corta). La divisione bassi e soprani tra Mi3 e Fa3. La pedaliera è del tipo a leggio con 18 pedali dal Do1 al La11, costantemente unita al manuale tranne l’ultimo pedale che serve all’azionamento del tamburo. I registri sono comandati da manette a movimento orizzontale ed incastro, disposte su due file a destra dell’organista. La trasmissione è di tipo meccanica (sospesa), il somiere è del tipo a tiro, il mantice a lanterna con tre pieghe antisimmetriche alimentato da due pompe manovrabili a stanga oda elettroventilatore. Oltre al somiere maestro e quello a pedale sono presenti un somiere aggiuntivo per il Principale 16′ Bassi (dal Do2) ed uno per le Trombe a pedale.

Nel 1957 è stato eseguito un lavoro di pulitura generale ed applicazione di elettroventilatore ad opera della ditta “Rodolfo Guerini” di Bassano del Grappa e nel 1969 un ulteriore intervento, effettuato da Luciano Norbiato di Bassano del Grappa per l’applicazione del tremolo all’organo, ma è nel 2014 che si inizia un vero e proprio restauro durato 2 anni.

Nell’inverno di quell’anno infatti, l’organo viene smontato, catalogato pezzo per pezzo e trasferito a Codroipo, presso il laboratorio della Premiata Fabbrica di Organi Cav. Francesci Zanin, dove ha inizio un lento e certosino lavoro di pulizia e restauro dei singoli componenti: canne, tastiera, pedali, e tutti gli elementi strutturali.

Nell’ambito dei lavori di restauro, merita una particolare menzione all’intervento volto al recupero della struttura cantoria, restauro artistico effettuato ad operadella ditta Artemisia Restauro di San Nazario. La struttura lignea è stata totalmente restaurata e sono stati restituiti i colori e le decorazioni originali.

Le informazioni relative all’Organo Giacobbi e ai lavori di restauro sono tratte dalla pubblicazione “Organo Monumentale Giacobbi – Storia dell’organo parrocchiale e del suo ultimo restauro 1839/2016” a cura della Parrocchia S.M. del Carmine di Campolongo e dell’Unità Pastorale “Medio Brenta”. La descrizione delle caratteristiche dello strumento è a cura del M° Francesco Zanin, per la medesima pubblicazione.

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