Una località montana…

..il più antico nucleo del Paese

Dal 1124/1127 il territorio diventa una delle pertinenze del Monastero di Santa Croce di Campese, appena fondato da Ponzio di di Melgueil, ex abate di Cluny.

Risale a questo periodo un documento, un contratto di affitto, che parla della località Gualiva, “Acqua Viva” redatto nel 1177, il più antico toponimo di Campolongo.

Casare con recinti dovevano essere presenti, visto la distanza dalle contrade stabilmente abitate, fin da quando queste praterie d’altura vennero utilizzate come pascoli, quindi certamente dagli anni della riconolizzazione del Canale di Brenta e in particolare dai primi anni del XIII secolo.

Casare, contrade, praterie d’altura

Tracce arcaiche di antichi insediamenti

Le costruzioni, come testimoniano reperti ancora presenti sulla contigua montagna di Campolongo, erano in pietre a secco; la copertura una struttura in legno coperta con piccole fascine di sottili rami con foglie ancora attaccate, o fasci d’erba.

Vista la natura carsica del territorio, i pascoli dovevano essere dotati, come lo sono ora, di pozze impermealizzate con ferretto. Erano presenti anche dei recinti per il bestiame; di questi recinti arcaici restano testimonianze in Vallarana.

Tra natura e storia

Le tracce più significative del Primo conflitto mondiale sono certamente i Trinceroni di Monte Campolongo.

Raggiungibili da Rubbio, sono stati realizzati dopo lo sfondamento di Caporetto: queste opere di fortificazione mettevano in collegamento i numerosi posti di combattimento predisposti sotto la cresta del monte e dovevano servire per tenere sotto controllo il Grappa e la sottostante valle del Brenta in caso di occupazione nemica.

Ancora visibili sono le trincee intervallate da gallerie, postazioni di vedetta o di artiglieria, piazzole per baraccamenti nonché i resti dell’acquedotto che risaliva la valle Silan.

Sul monte Campolongo si collegavano inoltre alcune linee di sbarramento dell’Altopiano con quelle del Grappa, attraversando il Canal del Brenta: erano barriere  predisposte per bloccare ogni possibile sfondamento ddelle truppe imperiali.

(fonte “La Grande Guerra ai piedi del Grappa” a cura del Consorzio di Pro Loco Grappa Valbrenta)

La montagna ‘del paese’ e i sentieri

Abbiamo visto come la montagna abbia avuto un ruolo fondamentale alle origini di Campolongo, tanto da esserne idealmente il primo (o almeno il primo documentato) nucleo dell’abitato.

Oggi la montagna che sovrasta il paese, e che sale dolcemente fino all’Alpiano dei Sette Comuni, presenta ancora ben visibili le tracce di una comunità che ha vissuto la montagna e da essa ha tratto sostentamento, rifugio, conforto.

Il territorio è percorso da sentieri che partono da vari punti del paese a valle e percorrono la montagna, attraversando valli e vallette, incrociandosi con rinomate strade montane, come l’Alta Via del Tabacco, inerpicandosi in tratti particolarmente ripidi, per poi addolcirsi su paesaggi suggestivi e rilassanti.

Montagna ‘alta’ e gli itinerari

Nei secoli, le vicessitudini della nostra comunità si sono incrociate e contrapposte ad altre comunità per l’uso dei beni montani, in particolare con quella di Angarano e Valrovina. Le controversie che ne seguirono si trascinarono per molti anni, dal 1205 fino al 1584, a volte sfociando in episodi molti simili a guerre confinarie.

Oggi il territorio del Comune di Campolongo sul Brenta si estende, in linea verticale, fino al margine orientale dell’Altopiano, caratterizzato da grandi distese di pascoli e dalla casare di proprietà comunale che vanno dal Palazzon sulla Caina alla casara Giarella a ridosso del Monte Campolongo.

Le malghe

La nostra storia ci racconta il fiume e i paesi, ma dobbiamo sempre ricordarci che l’identità della nostra valle è da sempre legata indissolubilmente alla montagna.

La montagna ‘vicina’, quella a ridosso dei centri abitati. Quella che spesso ha visto nascere i primi insediamenti sociali.
E la montagna ‘alta’ quella dei percorsi, della storia che parla di popoli antichi e guerre non ancora troppo lontane, di pascoli e di casare.

Ma se si pensa al valore dell’accoglienza, al rifugio nelle notti scure della montagna, al caldo tepore degli animali, all’operosità e alla vita semplice, ecco che la mente va alle nostre malghe.

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