Il tabacco: parte della nostra storia
Le fonti storiche ci raccontano che la pianta del tabacco arrivò in zona nel XVI° secolo, grazie ai monaci del monastero di Campese, e la sua coltivazione, iniziata a Valrovina, si è poi estesa, non senza contrasti, anche in Valbrenta.
Nel 1654 Venezia impose il dazio sul tabacco e ne vietò la coltivazione e la vendita privata. Nonostante questo divieto, fino al 1702, basandosi su antichi privilegi che vedevano anche l’esenzione dal pagamento delle tasse, guadagnati a compensazione dei “grandi servigi” resi a Venezia, i paesi del Canal del Brenta poterono comunque continuare la coltivazione. Ma nel 1703 un decreto della Serenissima proibì definitivamente la coltivazione del tabacco, che venne ripresa solo dopo l’unificazione d’Italia, seppur con severi controlli da parte dello Stato, che se ne garantì il monopolio.
Nasce in questo modo una lunga storia che vede protagonisti, da una parte i popoli della valle, dall’altra le autorità, l’ordine costituito, il regno, lo stato, in mezzo l’erba del gran Priore (così era anche chiamato il tabacco originariamente); storia che parla di sacrifici, difficoltà e soprusi, ma anche di coraggio e di un grande amore per la propria terra.
Fu questo il periodo in cui nacque il fenomeno del contrabbando, di cui abbiamo ancora un vivido ricordo grazie al racconto di chi, non troppi decenni fa, ha vissuto in prima persona le vicessitudini, talvolta drammatiche, dei tempi in cui l’unico sostentamento era il tabacco.